Autore: Ciro Garrone

Gorilla gorilla 

Ordine: Primati
Sottordine: Anthropoidea
Infraordine: Catharrini
Superfamiglia:Homindae
Famiglia: Pongidae


Generalità

Il gorilla è la scimmia antropomorfa più grande del mondo, in particolare la sottospecie "beringei" denominata anche gorilla di montagna. Il peso dei maschi può superare i 180 Kg, e nel gorilla di montagna si dice possa raggiungere pesi record di 250 Kg. Mappa di distribuzione
É distribuito nel Ruanda, Zaire e Gabon; vive, come il suo nome volgare anticipa, nelle boscaglie della pianura in gruppi familiari costituiti da un maschio adulto dominante (che nella sottospecie beringei viene denominato anche "silver back" o schiena d’argento), da femmine e piccoli. Si nutrono esclusivamente di sostanze vegetali come foglie, tuberi, frutta ecc. La struttura sociale è molto complessa, come in tutti gli animali con notevoli capacità intellettive.
Purtroppo questa specie corre un gravissimo rischio di estinzione dovuto principalmente alla graduale scomparsa del suo habitat naturale e alla caccia spietata condotta dall’uomo sia in passato che anche in tempi odierni.
La sua somiglianza con l’uomo è notevole, anche se non è il gorilla il primate più vicino a noi ma lo scimpanzé.
 
 



 
Struttura scheletrica generale

 

L’aspetto generale dello scheletro di questa antropomorfa è notevolmente somigliante a quello dell’uomo, naturalmente con un maggior grado di robustezza in tutte le sue parti.
In questi animali si riconoscono chiaramente alcune fasi di trasformazione anatomica per il passaggio alla vita eretta come ad esempio un accenno alle curvature della colonna vertebrale, il notevole ampliamento delle ali iliache, lo schiacciamento della gabbia toracica e lo spostamento delle scapole in posizione dorsale.
Anche se ciascun gruppo di primati rappresenta un ramo evolutivo a se stante, possiamo comunque, a livello morfologico ed anatomico avere un'idea abbastanza chiara dell’evoluzione verso l'uomo seguendo l’ipotetico cammino dai lemuri, per le platirrine e le catarrine, alle catarrine antropomorfe; si può vedere la modificazione subita dagli arti e dalla colonna vertebrale che sempre più nell’ordine dei primati, si avvicinano alla condizione umana.
Come è già stato accennato, l’aspetto generale è fortemente rassomigliante a quello umano, si nota comunque un’incredibile robustezza in tutte le parti che compongono lo scheletro e in particolare a livello del cranio e degli arti superiori.
Lo scheletro in esame apparteneva ad un maschio adulto di gorilla di pianura, che pur essendo più piccolo della sottospecie "beringei", presenta comunque dimensioni veramente notevoli; la sua struttura quindi è inadatta ad una vita strettamente arboricola, soprattutto nel maschio, anche se la costituzione degli arti ci conferma un adattamento alla brachiazione, che poi si è evoluto in un’andatura quadrupede "sulle nocche" che porta l’animale ad una stazione obliqua. Questo si è verificato, probabilmente, proprio a causa della pesante mole che ha portato questo animale a scegliere il suolo come habitat. 


Lo scheletro post craniale

Il rachide

 Si compone di 7 vertebre cervicali, 13 toraciche, 4 lombari, 7 sacrali e 2 coccigee. Il tratto cervicale si presenta ben conformato e robusto, ma in particolare si notano i processi spinosi che a partire dalla terza vertebra sono veramente enormi. La loro altezza e robustezza testimoniano l’esistenza, in vivo, di muscoli cervicali e nucali imponenti; non si hanno riscontri simili in nessun altro primate. L’altezza del processo spinoso cresce procedendo in senso cranio caudale fino alla settima e la porzione prossimale delle apofisi spinose si presenta espansa e più larga rispetto ai corpi delle apofisi stesse. Per contro, i processi trasversi sono invece poco sviluppati.
Il tratto toracico è il naturale proseguimento di quello cervicale, e si ha un progressivo decrescere dell’altezza delle apofisi spinose procedendo in senso cranio caudale; inoltre l'estremità distale degli stessi processi tende ad espandersi ulteriormente; si nota anche un decrescere dell’altezza dei processi spinosi e una loro inclinazione cranio caudale che si accentua sempre più proseguendo in direzione caudale.
A differenza del tratto cervicale, in questo segmento di rachide si osserva un notevole irrobustimento dei processi trasversi che articolano le coste.
Il tratto lombare è piuttosto corto: le vertebre che lo compongono presentano processi spinosi notevolmente robusti e sviluppati, che tendono ad espandersi progredendo in senso cranio caudale. I processi trasversi, invece, sono piuttosto esili.
Il sacro, è un unico blocco, in quanto le vertebre che lo compongono si fondono sia a livello del corpo che a quello dei processi spinosi e trasversi; è molto robusto ed incurvato a concavità ventrale.
Il tratto coccigeo è rappresentato da due vertebre appena accennate delle quali è individuabile il solo corpo, molto appiattito.
Dall’analisi della conformazione della colonna vertebrale, si nota una certa evoluzione in senso "verso il bipedismo" di questo animale, che ha comportato, infstti, un accenno alle curvature tipicamente umane del rachide, a una diminuzione del numero delle vertebre lombari e a un aumento complessivo dello spessore dei dischi intervertebrali.

 La gabbia toracica

 Si compone di 13 paia di coste articolate ventralmente, tramite le cartilagini costali allo sterno. Di queste 7 sono sternali, 6 spurie e apparentemente mancano coste fluttuanti.
Di struttura robusta, si presentano espanse in senso cranio caudale per tutta la loro lunghezza.

 Lo sterno

Si compone di 5 sternebre, delle quali la prima, il manubrio, è la più voluminosa, appiattita in senso dorso ventrale e notevolmente larga. Il processo xifoideo è invece esile ed appuntito.

L’arto toracico

La scapola si presenta di eccezionali dimensioni, di forma sub triangolare, con margine dorsale concavo nella sua porzione più centrale. la faccia dorsale della scapola è divisa in due metà diseguali dalla spina scapolare che dà origine alle fosse sottospinata, la maggiore delle due, e sopraspinata. La spina termina cranialmente in un enorme acromion che articola una clavicola estremamente massiccia. Anche il processo coracoideo è estremamente sviluppato e robusto.
L’omero, ben più lungo e robusto di quello umano, presenta una diafisi poco incurvata, con i rilievi per le inserzioni dei muscoli del braccio e della spalla molto accentuati. L’epifisi prossimale è costituita al 70% dalla testa dell’omero, per la rimanente parte dal trochine e trochitere che sono comunque poco sviluppati.
L’epifisi distale è molto allargata in senso latero mediale con gli epicondili eccezionalmente sviluppati. Il radio e l’ulna ,che raggiungono una notevole lunghezza e robustezza, sono orientati tra loro in modo da consentire i movimenti di pronazione e supinazione e presentano sulla loro superficie numerose e accentuate rugosità per le inserzioni dei muscoli del braccio, dell’avambraccio e della mano.
Carpo, metacarpo e falangi mantengono comunque una struttura massiccia; a livello delle falangi, si nota un accentuazione della profondità della doccia volare dove vengono alloggiati i tendini dei muscoli flessori superficiali e profondi delle dita ad ulteriore testimonianza della fenomenale potenza di cui questi animali sono dotati. Il pollice si mantiene piuttosto contenuto in lunghezza, in relazione alla specializzazione dell’arto toracico all’andatura per brachiazione.

L’arto pelvico

Il cinto pelvico si presenta molto somigliante a quello umano, soprattutto le ali iliache assumono un notevole sviluppo e un orientamento fortemente laterale; queste caratteristiche presuppongono un notevole sviluppo dei muscoli glutei in relazione al maggior sforzo che devono sopportare sia per il notevole peso dell’animale che anche per la particolare locomozione "sulle nocche".
Il femore è più corto rispetto all’omero, ma è però più robusto e massiccio. La diafisi, la cui sezione è notevole, è incurvata a concavità ventrale e sulla sua faccia volare presenta numerose rugosità per inserzioni muscolari e una tuberosità sotto trocanterica particolarmente sviluppata; l'epifisi prossimale comprende un grande trocantere che eguaglia in dimensione e robustezza la testa del femore.
L’epifisi distale è molto espansa in senso latero mediale analogamente a quanto avevamo già visto per la corrispondente dell’arto toracico.
Tibia e fibula sono molto simili a quelle umane, anche se sono sempre proporzionate alla dimensione del femore e quindi corte. Mantengono comunque caratteri di estrema robustezza.
Per quanto riguarda l’estremità dell’arto inferiore, si ha uno sviluppo dell’alluce che consente una certa opponibilità di questo dito; le ossa delle falangi e i metatarsali non sono robustissimi, in rapporto lo sono maggiormente le ossa del tarso.
Le falangi hanno una doccia volare assai meno sviluppata e profonda delle corrispettive dell’arto toracico. É chiaro che lo sviluppo dei muscoli flessori e dei relativi tendini che alloggiano nella doccia volare è sicuramente inferiore a quelli della mano. 


Il cranio
L’aspetto generale del cranio è estremamente massiccio ed eccezionalmente robusto. La porzione neurocranica presenta una cresta sagittale mediana e le creste nucali grandemente sviluppate. La cresta sagittale mediana ha la funzione di aumentare la superficie di inserzione dei muscoli temporali (muscoli che partecipano ai movimenti della mandibola per la masticazione) che in questa specie sono particolarmente sviluppati. Gorilla gorilla (Cranio)Le creste nucali, che danno inserzione ai muscoli del collo, sono impressionanti; ben pochi mammiferi possiedono creste  di questa dimensione, naturalmente rapportandone lo sviluppo alla dimensione dell’animale. Nemmeno i grandi felini, famosi per la forza che sono capaci di sviluppare con il collo, hanno creste nucali così sviluppate. É evidente che, a giudicare dalla dimensione di queste creste e dei processi spinosi delle vertebre cervicali, anche i muscoli del collo di questo animale sono enormi e di eccezionale potenza. Sicuramente questi assolvono molto bene all’equilibratura della testa quando l’animale è in stazione, ma senza meno sono in grado di sopportare sforzi ben più gravosi.
E’ probabile che ci siano aspetti comportamentali, magari ancestrali, che abbiano portato il gorilla a sviluppare questo incredibile adattamento della regione nucale.
Il volume della scatola cranica, in relazione allo sviluppo dello splancnocranio, è piuttosto modesto; in questi animali prevale il blocco facciale che assume una struttura assai robusta.
Le ossa zigomatiche, che danno inserzione ai muscoli masseteri (deputati alla chiusura della mandibola insieme ai muscoli temporali), sono robustissime, come anche le ossa mascellari sulla cui superficie si notano alcuni alleggerimenti in corrispondenza delle radici dentarie e in particolare del canino (fossa canina); le arcate sopraorbitarie sono molto spesse e formano due tori massicci. Il profilo dorsale del blocco facciale è obliquo e porta all’animale un notevole prognatismo.
La mandibola è, uniformemente al resto del teschio, robustissima; presenta la tipica struttura riscontrabile in un animale erbivoro, cioè una amplissima branca mandibolare per l’inserzione dei muscoli masseteri e il condilo per l’articolazione temporo mandibolare disposto molto dorsalmente.
Il foro mentoniero è unico e molto evidente.

La dentatura

La formula dentaria del gorilla è riassunta nella seguente formula:

 

I 2/2 C1/1 PM 2/2 M 3/3
 
La dentatura è robusta e resistente a causa della dieta che si compone di sostanze vegetali anche coriacee; i canini, di forma conica sono piuttosto corti, se raffrontati con quelli dei cinocefali, ma estremamente robusti. Il canino inferiore, a mascelle serrate, trova alloggio in un ampio diastema formato dal cantone e dal canino superiore. Premolari e molari hanno corone adatte alla triturazione. Lo spessore dello smalto è notevole, in relazione alla resistenza all'usura operata dalle sostanze vegetali ricche di silicio.